Bioraffineria di Livorno, gassificatore, inceneritore, waste to methanol: diversi sono i nomi che sono stati assegnati al progetto che dal 2019 ha iniziato a preoccupare la popolazione di Stagno, Collesalvetti, Livorno e i limitrofi territori della regione Toscana. Tutto è iniziato il 5 luglio del 2019 quando la regione toscana ha presentato un progetto per mezzo di una conferenza stampa in cui paventava l’idea di realizzare una bioraffineria, quasi come contraltare alla mancata realizzazione dell’inceneritore di Case Passerini (si veda scheda relativa all’inceneritore di Firenze). In realtà il progetto non c’era, e non c’è ancora, neanche oggi a distanza di un anno dalla presentazione. Ciò che è presente sono invece dichiarazioni rilasciate ai giornali, interviste, da cui è possibile desumere l’entità del progetto. Fino ad ora infatti gli unici atti prodotti sono le deliberazioni presentate in giunta regionale (la 866, 867 del 05-07-2019) con cui, da una parte la regione Toscana, con ENI S.p.A. e Alia Servizi Ambientali (il più grande gestore di rifiuti della Toscana), dall’altra la regione Toscana, con ENI S.p.A, il comune di Livorno e il comune di Collesalvetti, hanno prodotto due accordi di programma da cui si evince che Eni vuole realizzare un gassificatore (chiamata Bioraffineria all’interno della documentazione dell’accordo) per il trattamento di circa 200.000 tonnellate l’anno di due principali tipologie di rifiuti, il plasmix e il Css (rifiuti plastici non riciclabili e rifiuti indifferenziati) con lo scopo di produrre metanolo da utilizzare come additivo nei carburanti [1][2][3]. Diverse sono state le critiche che hanno portato la cittadinanza a mobilitarsi, in primis Collesalviamo l’ambiente insieme a Rifiuti Zero e a una compagine larga di realtà ambientaliste tra cui Legambiente, WWF, Lipu, Anpana. |