Nel territorio della Val D’Agri, area interna dell’Appennino lucano, è ubicato il più grande giacimento di idrocarburi dell’Europa continentale [1], il cui sfruttamento da parte di ENI (ex Ente Nazionale Idrocarburi) ha preso il via negli anni ’90 [2]. Nel 1998 è stato siglato l’accordo tra governo nazionale e regionale sullo sviluppo del programma petrolifero e di seguito è stata sottoscritta la prima intesa tra Stato, Regione e ENI per lo sfruttamento del giacimento, che ha visto un aggiornamento nel 2012 [2][3]. Ad oggi le attività estrattive di ENI - secondo i dati forniti dall’Unmig (Ufficio nazionale mineraria per gli idrocarburi e le georisorse) interessano 38 pozzi di cui 22 in produzione e 16 produttivi non eroganti [4]. Secondo i dati forniti dal report aziendale nel 2014 la produzione giornaliera in Basilicata è di 3.98 milioni di metri cubi di gas e di circa 83’000 barili di olio al giorno [5] Presso il Centro Oli Val D’Agri (COVA), creato nel 1996 ed ampliato negli anni successivi, avviene il trattamento dell’olio prodotto dai pozzi della Concessione "Val d’Agri". Il petrolio estratto viene inviato alla Raffineria ENI di Taranto tramite un oleodotto di 136 km da Viggiano a Taranto (entrato in funzione nel 2001), il gas viene immesso nella rete Snam e l’acqua residua (acque industriali / acque di strato) viene iniettata nel pozzo di reiniezione “Costa Molina 2” ed, in parte, trasportata presso un centro di trattamento – Tecnoparco – ubicato in Val Basento, in provincia di Matera [5][6]. Lo sfruttamento petrolifero della Val D’Agri è stato visto come un volano per lo sviluppo economico-occupazionale per le comunità della zona, ma si è in seguito rivelato come un profondo depauperamento del territorio a vantaggio solo delle compagnie petrolifere[7][8]. La mancanza di coinvolgimento delle amministrazioni locali e dei cittadini nelle decisioni politiche riguardanti le modalità di estrazione e gestione del petrolio, ha generato un malcontento che ha portato, nella seconda metà degli anni ‘90, le comunità locali a costituirsi in comitati e associazioni aventi lo scopo di denunciare le criticità sociali, economiche ed ambientali e la mancata redistribuzione sul territorio degli ingenti proventi delle estrazioni, assieme alla mancanza di processi di sviluppo locale reali a fronte dell’indebolimento del tessuto economico tradizionale, basato soprattutto su agricoltura e turismo naturalistico. Le principali critiche mosse dalle organizzazioni della società civile sono state: la mancanza di meccanismi di informazione e consultazione della cittadinanza e degli enti locali nelle decisioni relative ai progetti estrattivi, la mancata tutela delle economie locali tradizionali dagli effetti di una attività transitoria ma devastante come quella estrattiva, la mancanza di controlli sistematici sulle acque, sulla qualità dell'aria, del suolo e sulla salute della popolazione, la mancanza di un sistema fisso di centraline e di limiti rigidi di emissioni, la mancata previsione di rigidi divieti di estrazione in aree protette o di particolare valore paesaggistico o naturalistico, nei pressi di centri abitati o di aree fluviali o laghi e la mancata perimetrazione dell’istituita area protetta del Parco dell’Alta Val D’Agri. Sono molte le esperienze di comitati e associazioni che si sono battute per la difesa del territorio, per la salvaguardia dell’ambiente e della salute: Onda Rosa, Laboratorio per Viggiano, Comitato per la tutela del Pertusillo, oltre ai circoli locali di organizzazioni nazionali come Legambiente e WWF. Nel 2006 dall’esperienza di diverse associazioni già attive sul territorio è nata OLA (Organizzazione Lucana Ambientalista) la quale ha porta avanti un continuo lavoro di monitoraggio quotidiano, di informazione ed azione sulle principali cause di minaccia ambientale sul territorio regionale, tra cui l'attività petrolifera che rappresenta la maggiore criticità, producendo materiali e rapporti ed organizzando frequenti iniziative di informazione, interlocuzione istituzionale, denuncia, mobilitazione. In seguito alla firma del Memorandum Governo-Regione Basilicata del 2011 [9] – che prevedeva l'ampliamento delle trivellazioni petrolifere ed il raddoppio della produzione in cambio di un intervento statale per il miglioramento dei servizi pubblici locali e per lo stimolo alla sostenibilità ambientale – nell'aprile 2011 la OLA ha lanciato il cosiddetto “sMemorandum”, un documento congiunto per una richiesta di moratoria delle attività petrolifere in Basilicata e per la salvaguardia delle popolazioni e dei lavoratori [10]. Anche il comitato No Oil Lucania ha denunciato più volte la mancanza di controlli sulla qualità dell’ambiente e sulla salute dei cittadini. Ha organizzato sit-in per chiedere la cancellazione di tutti i permessi di ricerca e coltivazione di idrocarburi in Basilicata e l’aumento delle royalties dal 7% (fissato dal d.l. 625/96 [11]) al 25% minimo con l’adozione di sistemi di certificazione pubblica e partecipata delle quantità estratte. Nel 2014 i comitati si sono battuti per evitare la costruzione di nuovi pozzi e l’aumento delle estrazioni, che secondo gli accordi del Memorandum del 2011 dovrebbero passare da 104mila barili al giorno, già autorizzati, a 129mila, nella sola Val D’Agri [12]. Nel mese di novembre 2014 ci sono state importanti mobilitazioni contro il decreto “Sblocca Italia” [13], poi trasformato in legge [14]. I comitati studenteschi hanno più volte manifestato a Potenza, contro l’articolo 38 del decreto legge, il quale stabiliva che a partire dal 31 marzo 2015 le autorizzazioni VIA (Valutazione d’Impatto Ambientale) per la ricerca e l’estrazione di idrocarburi non saranno più di competenza regionale ma ministeriale. Il rischio per l’intera Val d’Agri – interessata da un’importante area protetta, denominata Parco nazionale Appennino Lucano Val d’Agri Lagonegrese – riguardava sostanzialmente la crescente minaccia per i bacini idrici strategici ed aree di pregio per la biodiversità come ad esempio Caldarosa. Il 30 marzo 2016 il Centro Oli Val D’Agri compare su tutte le prime pagine dei giornali nazionali, grazie ad un'inchiesta giudiziaria avviata dalla Procura di Potenza, con la quale vengono arrestati e messi ai domiciliari sei persone, tra cui funzionari e dipendenti del COVA e l'ex sindaco di Corleto Perticara, per attività di traffico e smaltimento illecito di rifiuti, in particolare la gestione dei reflui petroliferi [15][16]. A seguito di questa inchiesta il Centro Oli è stato messo sotto sequestro e l'attività produttiva è stata sospesa, a causa degli sforamenti nelle emissioni di anidride solforosa (SO2) e ossidi di azoto (Nox) e dello smaltimento illegale dei rifiuti pericolosi [17]. Pochi mesi dopo, a Giugno del 2016, la Procura ha però deciso il dissequestro facendo così tornare in funzione l'impianto [18]. Nel dicembre 2016 un nuovo incidente, a cui è seguita l'emissione di fiammate e di una densa nube nera, ha interessato il COVA e in particolare il termodistruttore della quinta linea di produzione, la più nuova, inaugurata solo nel gennaio 2016. L'incidente ha causato proteste da parte della comunità [19][20]. A seguito delle segnalazioni di miasmi nella zona del COVA e nei pressi del laghetto e del depuratore del consorzio della zona industriale di Viggiano nel Gennaio 2017, sono state predisposte le operazioni di spurgo dei pozzetti e i sondaggi nei terreni e nelle acque. La sfiducia da parte della cittadinanza nei confronti degli enti preposti al controllo ed alla protezione dell’ambiente e della salute umana è stata amplificata nel Febbraio 2017 a seguito della comparsa di macchie scure nelle acque del Pertusillo. Le immagini del lago, girate da un drone, hanno scatenato la preoccupazione degli abitanti che temono fuoriuscite di idrocarburi derivanti dalle attività estrattive, nonostante l’ENI abbia negato la correlazione tra le macchie e il COVA [21]. Per tali ragioni, l'Osservatorio Popolare della Val D'Agri, nato a cavallo del 2016-2017, ha chiesto alla Regione Basilicata, all'Assessore all'Ambiente e ai Sindaci della Val D'Agri di: - non andare oltre la quinta linea ricontrattando quanto in passato autorizzato; - possibilità di partecipare attivamente, anche attraverso apposite INCHIESTE PUBBLICHE, a tutti i procedimenti relativi al COVA; - un serio piano di caratterizzazione delle acque e dei suoli a cura di Enti di fiducia anche dei cittadini; - informazioni tempestive ed ufficiali tramite apposite assemblee pubbliche relative alla reale portata dell’eventuale contaminazione di acqua e suoli in atto e sullo “stato dell’arte” delle operazioni di messa in sicurezza dell’area intorno al COVA [22][23]. La sfiducia nei confronti delle istituzioni adibite al controllo è diminuita ancor di più a seguito della dichiarazione del Presidente della Regione che, dopo un incontro con l'Arpab e con Ispra, ha assicurato l'assenza di idrocarburi sulle acque della diga del Pertusillo [24]. Pochi giorni dopo però i risultati eseguiti da un laboratorio privato, commissionate dal Presidente di Liberiamo la Basilicata, hanno contraddetto i risultati dell'Arpab, evidenziando la presenza di metalli pesanti e idrocarburi [25]. Il 15 Aprile, dopo la richiesta di sospendere le attività da parte della regione, ENI ha deciso di chiudere temporaneamente il Centro Oli Val D'agri. A Maggio del 2017, durante la riunione convocata dal Governo con i vertici aziendali, ENI ha ammesso di aver sversato 400 tonnellate di petrolio nei terreni all'interno e all'esterno del Centro Oli [26]. A tal riguardo l’ENI ha cercato di chiudere la questione dell’incidente con il patteggiamento [27]. Il 22 Settembre sono stati presentati pubblicamente i risultati della V.I.S., la valutazione di impatto sanitario realizzata sugli abitanti della Val D'Agri, curata da Ifc - Cnr, Università di Bari, Ise - Cnr, Isac - Cnr e Dep Lazio, con particolare riferimento ai comuni di Viggiano e di Grumento, i due paesi maggiormente esposti ai fumi del Centro Olio. Secondo quanto esposto, osservando i dati di mortalità e ricoveri nel periodo 2000-2014, a causa dell’attività petrolifera, a Grumento e ancor più a Viggiano ci si ammala e si muore maggiormente che nel resto della valle e della regione. Nello specifico, a Viggiano si osserva un eccesso di mortalità per tutte le cause e per malattie cardiocircolatorie per uomini e donne, come anche per tumore al polmone delle donne. Eccesso di mortalità per tutte le cause, pur non significativo statisticamente, si registra anche a Grumento, dove è invece in eccesso la mortalità per tumore allo stomaco in entrambi i sessi [28][29]. Nonostante i risultati agghiaccianti, si tratta di una importante vittoria dei comitati locali che da anni chiedono monitoraggi ambientali e sanitari continui e affidabili sulle conseguenze delle attività estrattive nella zona, a storica vocazione rurale e turistica. (See less) |