Il ponte sullo stretto di Messina è un progetto che prevede la costruzione di un collegamento di 3300 metri nello stretto di Messina tra Sicilia e Calabria. Se venisse costruito, il ponte sullo stretto di Messina sarebbe il più lungo ponte sospeso al mondo a campata unica retto da due soli pilastri posti sulle coste prospicienti tra loro, prevedrebbe sezioni stradali e ferroviarie ed entrerebbe a far parte delle Reti di Trasporto trans-europee TEN-T (cioè quell’insieme di infrastrutture di trasporto integrate previste per sostenere il mercato unico, garantire la libera circolazione delle merci e delle persone dell'Unione Europea) [1]. L’idea di collegare la Sicilia con il continente attraverso lo stretto risale già ai tempi dei romani, ma una vera e propria fase progettuale è iniziata in epoca democristiana, con la legge 1158 del 1971[2] e con la concessione allo studio, progettazione e costruzione del ponte alla società pubblica Stretto di Messina Spa avvenuta nel dicembre 1985 per volere del governo Craxi [3] [4]. Il primo progetto del ponte è venuto alla luce nel 1992 (il costo ipotizzato era equivalente a 3,3 miliardi di euro), ma tutto è rimasto in sostanza nei cassetti con i governi Prodi, D'Alema e Amato, per ripartire invece con la legge obiettivo 2001 dell'esecutivo Berlusconi II. Nel 2003 il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica (Cipe) ha approvato il progetto preliminare (4,7 miliardi la costruzione, 6 miliardi costo totale), e l’anno seguente ha lanciato la gara per la costruzione, che è stata vinta a fine 2005 dal consorzio Eurolink, a guida Salini Impregilo con gli spagnoli di Sacyr e i giapponesi di Harima. Tuttavia, il premier Prodi nel corso del 2006 ha revocato i fondi pubblici al Ponte e congelato l’avanzamento del progetto. I fondi sono stati poi ristanziati durante il successivo governo Berlusconi e nel 2010 Eurolink ha consegnato il progetto definitivo, approvato dalla Stretto di Messina spa nel luglio 2011. Nel frattempo il contratto ad Eurolink è stato aggiornato a 5,215 miliardi, e poi ancora a 6,7 miliardi, e il costo complessivo dell'opera (comprese opere accessorie e oneri finanziari) è salito a 8,55 miliardi [4] [3]. Dagli anni ’90 la realizzazione del ponte sullo stretto ha subito varie battute d’arresto non solo per questioni politico-economiche, ma soprattutto per dimostrati rilievi ostativi di natura pratica. Innanzitutto la scelta obbligata di progettare un ponte a campata unica con soli due pilastri posti sulla terra ferma è dovuta alla presenza di un fondo marino particolarmente fangoso e instabile, alle forti correnti marine e ai forti venti che caratterizzano lo stretto di Messina (elementi questi che hanno contribuito anche ad ispirare il racconto mitico di Scilla e Cariddi). Secondo molti studi, a partire da quello del geologo Mario Tozzi, questi fattori non solo hanno richiesto un grande sforzo progettuale, ma renderebbero il ponte particolarmente vulnerabile ad eventuali vibrazioni che ne potrebbero indurre il collasso, rischio questo che potrebbe essere ulteriormente aggravato dalla presenza di un’elevata sismicità nella zona, che già in passato ha causato importanti danni alle città di Messina e di Reggio Calabria [3] [5]. Anche il Prof. Franco Di Maio, docente di Costruzioni Ferroviarie al Politecnico di Torino, membro del Comitato di Alta Sorveglianza delle Ferrovie dello Stato e, inizialmente, consulente della Società Stretto di Messina riguardo al ponte ha affermato che «ci sono grosse incognite sulla sua stabilità ed in ogni caso il treno non ci salirebbe sopra. […] La soluzione progettuale mi appare oggi assai costosa e per nulla immune da crisi strutturali». Il Prof. Remo Calzona, ordinario al dipartimento d’ingegneria strutturale e goetecnica della Sapienza di Roma, cui prima l’ANAS (1986) poi il Governo (2002) hanno affidato la presidenza del comitato tecnico-scientifico per la verifica della fattibilità del ponte, ha ritenuto che il manufatto, così come è stato progettato, sia insostenibile dal momento che «alcuni problemi rimangono irrisolti, come l'impatto ambientale e la questione del vento, il cosiddetto galopping. L’opera è stata progettata negli anni ‘80 e da quel momento non ha subito modifiche sostanziali eppure la scienza è andata avanti» [5] Ed a questi studi che hanno dimostrano la non fattibilità tecnica del ponte, si sono aggiunte nel corso degli ultimi 20 anni le critiche ambientaliste relative alla devastazione del paesaggio e degli ecosistemi, la trasformazione del panorama, le critiche relative alle diseconomie ed alla sostanziale inutilità trasportistica, le probabili infiltrazioni mafiose nella costruzione del ponte [5]. Il comitato No Ponte ha sempre più dato voce a queste istanze a partire dalla sua fondazione avvenuta nel 2002 per volontà di alcuni cittadini messinesi tra cui il pacifista Renato Accorinti (eletto sindaco di Messina nel 2013) che il 25 giugno di quell’anno si è arrampicato su un traliccio in disuso a Torre Faro, di fronte allo stretto, calando, in segno di protesta, lo striscione “No al ponte”. Quel gesto è riuscito a portare all’attenzione dell’opinione pubblica l’argomento del ponte e ha contribuito ad ampliare il fronte del no, il quale è stato sostenuto anche dalla creazione del primo “Campeggio no ponte” nella stessa zona, iniziativa associata ad una serie di altri eventi culturali e informativi sul tema [6] [7]. Riguardo l’aspetto paesaggistico, il movimento contesta l’inopportunità di costruire un’opera così imponente in un contesto unico protetto dall'Unione Europea posto all'interno di due Zone di Protezione Speciale (ZPS) della “Costa Viola” (Calabria) e dei “Monti Peloritani, Dorsale Curcuraci, Antennammare e Area marina dello Stretto” (Sicilia), dove si trova l’importantissima zona umida “Laguna di Capo Peloro” e dove sono presenti anche 11 Siti di Interesse Comunitario – SIC, sottoposti al regime di particolare tutela dell’Unione Europea. L’intera area è nota per la sua importanza su scala internazionale: costituisce, infatti, una delle rotte più importanti del Paleartico occidentale per la migrazione degli uccelli (il 64% degli uccelli presenti in Italia è stata osservata nell’area dello Stretto); corridoio studiatissimo, usato per il passaggio anche dai cetacei (ad es. capodoglio, stenella striata, balenottera comune) e da molte specie di pesci pelagici [8]. Il comitato No ponte ha proposto più volte di dirottare almeno parte dei fondi che verrebbero destinati alla costruzione del ponte per modernizzare il sistema stradale e ferroviario delle due regioni che il ponte vorrebbe collegare. Infatti, le infrastrutture siciliane e calabresi (ma anche di gran parte del resto del mezzogiorno italiano), come le autostrade Salerno-Reggio Calabria e la Siracusa-Gela, entrambi tuttora in costruzione, sono da considerarsi arretrate e insufficienti al punto che potrebbero rendere il ponte una sorta di cattedrale nel deserto. Inoltre, vari esponenti politici e della commissione antimafia a partire già dal 2005 hanno più volte denunciato l’esistenza del rischio di infiltrazioni da parte della criminalità organizzata nella realizzazione dell’opera [3]. A partire dal 2011 il progetto del ponte sullo stretto di Messina è stato di nuovo accantonato per il sopraggiungere di una serie di avvenimenti quali l’aggravarsi della crisi economica in Italia, la decisone dell'Unione Europea di escludere il ponte dalle opere pubbliche destinate a ricevere i finanziamenti comunitari e il provvedimento del nuovo premier Mario Monti che con il decreto legge del 2 novembre 2012, n. 187, ha dichiarato «la caducazione di tutti gli atti che regolano i rapporti di concessione» alla Stretto di Messina spa e di tutti i contratti con le imprese se non si fossero verificate una serie di circostanze entro i successivi 500 giorni, tra cui la progettazione di opere per il territorio fino a un massimo di 300 milioni di euro e nuovi studi sulla fattibilità finanziaria dell'opera [9]. Non essendo pervenute al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti entro i termini richiesti alcune nuove proposte progettuali la società Stretto di Messina spa, che contava 100 dipendenti, è stata messa in liquidazione il 15 aprile 2013. Di risposta Eurolink ha fatto ricorso al Tribunale di Roma, chiedendo il rinvio alla Consulta per incostituzionalità della caducazione del contratto e un risarcimento danni di 790 milioni di euro. E questa voce di costo sulle casse dello Stato si aggiungerebbe ai quasi 2 milioni di euro che richiede ogni anno la Stretto di Messina: nonostante entro un anno dalla dichiarata liquidazione la società sarebbe dovuta estinguersi, questa risulta ancora (a cinque anni dalla messa in liquidazione) attiva e particolarmente esosa [4] [3] [10]. Nel settembre 2015 Ncd (Nuovo Centro Destra) e Ap (Area Popolare) sono riusciti a far approvare una mozione per riconsiderare la realizzazione del ponte sullo stretto di Messina a uso esclusivamente ferroviario, previa una valutazione su benefici e costi dell'opera [11][12][3]. Sebbene in quell'occasione il Governo avesse fatto sapere, attraverso il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Delrio, che le priorità del governo erano altre e che non c'era nessun Dossier aperto sull'opera [13], solo un anno dopo, Renzi, in occasione di un'assemblea per il festeggiamento dei 110 anni dell'impresa edile Salini-Impregilo ha rilanciato la possibilità di realizzare il Ponte sullo Stretto in quanto, a suo avviso, da considerarsi un «collegamento strategico per connettere Napoli e Palermo che porterebbe 100 mila posti di lavoro» [3][14]. Tuttavia, ad un mese dall'annuncio di Renzi, il 26 ottobre 2016, nell'ambito di un'operazione sulle Grandi Opere, sono scattate le misure di custodia cautelare per 31 persone, tra cui Michele Longo e Ettore Pagani, rispettivamente presidente e vice-presidente del Consorzio Cociv, nonché general manager domestic operation e responsabile progettista del Ponte sullo Stretto per conto di Impregilo. I due, secondo i magistrati, avrebbero più volte violato le normative di sicurezza utilizzando materiali scadenti per le costruzioni relative a tutte le altre grandi opere già realizzate o in costruzione per la società Salini-Impregilo (tra cui la Salerno-Reggio Calabria, il People Mover di Pisa, il Terzo Valico ferroviario Genova-Milano) [15]. (See less) |