Nel Febbraio 1984 a meno delle 12 miglia della costa Sud-Orientale della Sicilia (in prossimità di Ragusa) è stata approvata la realizzazione di due piattaforme petrolifere denominate Vega A e Vega B [1][2][3]. Nonostante il duplice permesso rilasciato, la Selm, l'allora affidataria della concessione realizza solo Vega A. Con il passare del tempo la gestione passa per diverse mani fino ad arrivare ad oggi la cui concessione di coltivazione risulta intestata alla Società Edison S.p.A (al 60%) e alla Società Eni S.p.A (al 40%) [1][3]. Attualmente il campo comprende una piattaforma fissa ovvero Vega A (la più grande struttura di estrazione Off-Shore presente in Italia [4]), la F.S.O. (Floating Storage and Offload) "Leonis", che dal 2009 sostituire Vega Oil destinata allo stoccaggio del greggio, e le condotte sottomarine per il trasporto di diluenti, greggio e acque di risulta[1][5]. In prossimità della scadenza della concessione di coltivazione di idrocarburi (Dicembre 2012), la Edison chiede una proroga decennale della concessione [6] e nel Luglio del 2012 presenta la domanda per la pronuncia di compatibilità ambientale per il progetto denominato “Sviluppo del Campo Vega B"[3]. Si chiede dunque di poter completare un progetto risalente a circa trent'anni prima in modo tale da non dover fare i conti con quanto deciso dal Decreto Prestigiacomo del 2010 il quale vietava le nuove attività entro le 12 miglia [7]. Facendo passare quindi la realizzazione di Vega B come un completamento dell'antico progetto, si poteva ottenere il permesso di realizzazione nonostante la nuova normativa in materia ambientale. A seguito della richiesta di Edison, la mobilitazione della cittadinanza è stata straordinaria. In particolare nell'estate del 2012 Greenpeace, la Cgil, Cittadinanza attiva, Italia Nostra, Lega Navale, Lega Pesca Coop Pesca, il comitato Stoppa la Piattaforma e altri comitati locali, hanno presentato le osservazioni al Ministero dell'Ambiente alla Valutazione di Impatto Ambiental, le quali vertevano su "violazioni procedurali, l'assenza di timbri firme ed autori in alcuni documenti, l’incompletezza delle valutazioni di impatto ambientale, l’inesattezza delle valutazioni effettuate, i risicati margini di sicurezza della struttura" [8]. Da qui nasce l'iniziativa “U mari nun si spirtusa” promossa da Greenpeace contro le trivellazioni in mare, che per sensibilizzare la cittadinanza nell'estate del 2012 ha girato l'isola in barca a vela per dire no alle trivellazioni. A firmare l'appello di Greenpeace sono stati 49 sindaci siciliani, il Governo della Regione Sicilia, numerosi comitati locali e associazioni di categoria, oltre che quasi 57.000 cittadini. [8][9] Il fronte No triv quindi non era capitolato solo dalle storiche Associazioni Ambientaliste: nel Luglio 2014 viene rivolto un appello urgente agli Uffici del Ministero dell'Ambiente, dello Sviluppo e dei Beni Culturali da parte dei Sindaci di Ragusa, Acate, Chiaramonte, Gulfi, Comiso, Giarratana, Ispica, Modica, Monterosso Almo, Santa Croce Camerina, Scicli e Vittoria per chiedere "il ritiro immediato delle concessioni di ricerca e coltivazione di idrocarburi nel Canale di Sicilia, già rilasciate, e blocco di eventuali nuove richieste in itinere, per garantire la massima tutela dell’intera area" [24]. Le perplessità che hanno portato ad una forte mobilitazione della cittadinanza però sono molteplici. Il timore di un inquinamento dell'area e del deterioramento della qualità delle acque infatti non è affatto un cliché: nel 2007 viene aperto un procedimento giudiziario contro la Edison per smaltimento illecito di rifiuti relativo al campo Vega, in quanto tra il 1989 e il 2007 avrebbe illecitamente smaltito poco meno di mezzo milione di metri cubi di acque inquinate con metalli, idrocarburi ed altre sostanze nel pozzo Vega 6 [2][10]. Secondo Ispra "il danno ambientale generato dalle attività di illecito smaltimento dei rifiuti provenienti dal campo Vega ha assunto le forme sia di una contaminazione dell'area della formazione geologica recettrice dello scarico sia, attraverso il trasferimento degli inquinanti, di una contaminazione su vasta area che ha interessato altre porzioni di sottosuolo comprese le riserve di acqua dolce in esso presenti e, presumibilmente, le acque marine ed i sedimenti"[5]. Sempre secondo Ispra, se la Edison avesse smaltito correttamente questi rifiuti avrebbe dovuto spendere più di 69 Milioni di Euro[2][5]. Secondo la procura gli imputati sono stati responsabili di "attentati alla salubrità dell'ambiente e dell'ecosistema marino", e al solo fine di contenere i costi hanno adottato "modalità criminali di smaltimento dei rifiuti pericolosi"[2][11]. Sempre secondo la Procura, gli imputati avrebbero immesso "negli strati geologici profondi sostanze, tra cui acido cloridrico, che hanno modificato le caratteristiche morfologico-strutturali" del sottosuolo marino, con l'obiettivo di aumentare la ricettività del pozzo[2]. Sorprendente dunque risulta la nota del Dicembre 2014 con cui il MISE dichiara che la Società ha ben gestito il giacimento[2]. Nonostante anche il Ministero dell'Ambiente si sia costituito parte civile nel processo, chiedendo così il risarcimento del danno stimato da Ispra [2], lo stesso Ministero dell'Ambiente il 16 Aprile 2015, basandosi anche sulla nota del Mise, ha dato parere positivo alla Valutazione di Impatto Ambientale per il raddoppio della piattaforma [12] e il 13 Novembre 2015, poco prima del nuovo stop alle nuove perforazioni entro le 12 miglia deciso dalla legge finanziaria del 2016, il Ministero dello Sviluppo Economico concede il rinnovo del permesso di coltivazione per altri 10 anni [2][13]. A seguito del parere positivo, nel Settembre 2015 le associazioni Greenpeace, Legambiente e Touring Club hanno presentato ricorso al TAR del Lazio soffermandosi su tutte le irregolarità presenti; secondo la legge, per ottenere la proroga per il permesso di coltivazione, si sarebbe dovuto dimostrare che la Società aveva adempiuto a tutti gli obblighi iniziali. In realtà però quanto realizzato dalla società differisce sensibilmente dal progetto iniziale del 1984, basti pensare che la Vega B- presente nel progetto iniziale- non è mai stata realizzata[4]. Oltre agli aspetti legislativi, le associazioni ambientaliste si interrogano su come sia possibile dare una proroga della concessione nonostante Ispra abbia stimato un danno ambientale provocato dagli stessi, altissimo. [14] Con le associazioni si sono schierati anche i comuni di Modica e Santa Croce Camerina, oltre alle cooperative di pescatori di Scoglitti e Portopalo di Capo Passero[14][15]. La mobilitazione della cittadinanza e il lavoro delle associazioni sul territorio siciliano nell'arco di questo periodo non si è mai fermata. L'8 Aprile 2016 è stato pubblicato da Legambiente il Dossier "Sporco Petrolio" che da largo spazio anche alla vicenda di Vega B [25][26]. Il referendum sulle Trivellazioni del 17 Aprile 2016 poteva essere un punto di svolta per le associazioni: se avesse vinto il sì, probabilmente la piattaforma Vega B sarebbe stata bloccata. Trovandosi nella zona di protezione delle 12 miglia infatti il rinnovo del permesso sarebbe scaduto nel 2022, senza possibilità di rinnovo. Un tempo troppo limitato per affrontare un investimento di circa 100 milioni di euro [2]. Grazie quindi al mancato raggiungimento del quorum, la possibilità di realizzare Vega B si è fatta più concreta. Per quanto riguarda invece il processo per lo smaltimento illecito, il 5 Maggio 2016 il processo è stato chiuso per avvenuta prescrizione; il processo dunque non è arrivato a sentenza nei tempi dovuti [27]. Per quanto riguarda la realizzazione dei nuovi pozzi, dopo soli 3 mesi dal referendum (il 28 Luglio 2016), la società ha presentato una nuova istanza per l'avvio della Procedura di Valutazione di Impatto Ambientale del "Progetto di Sviluppo: Campo Vega B - Concessione di Coltivazione C.C6.EO - Canale di Sicilia" [28]. In particolare Edison chiedeva di poter realizzare altri 8 pozzi, oltre i 4 già autorizzati [29]. A seguito di ciò diverse sono state le associazioni e i Comuni che hanno presentato le osservazioni per contrastare il progetto tra cui: Legambiente Circolo "Il Carrubo" di Ragusa, Libero Consorzio Comunale di Ragusa già Provincia Regionale di Ragusa, Comune di Scicli e il Comune di Ragusa [30]. A seguito delle richieste da parte della commissione VIA, il 3 Luglio 2017 Edison ha presentato le integrazioni in relazione alla procedura di VIA per gli altri 8 pozzi. La nuova scadenza per le osservazioni era fissata al 1 Settembre 2017 [30][31]. (See less) |