Nel 1956 Agip Mineraria, società di Eni, ha scoperto il giacimento di Gela [1]. Nonostante diverse perplessità del governo, nel 1962 sono stati installati i primi impianti petrolchimici [2]. Anche a causa dell'attuale crisi finanziaria, nel 2012 Eni ha messo in cassa integrazione 500 dipendenti [3]. Le perdite annue (dal 2009 al 2014) sono state di circa 2 miliardi di euro [4]. Lo stabilimento ha causato un elevato inquinamento atmosferico. Sono stati rilevati nell'aria alti livelli di arsenico, nichel, zolfo e zinco [5]. Anche le acque sono risultate inquinate, principalmente per il processo di dissalazione, effettuata nella zona antistante la raffineria e accanto al pontile per l'attracco delle navi. Pertanto, l'acqua è contaminata da liquidi inquinanti, mercurio e sostanze oleose [6] che aumentano il rischio di gravi malattie, come tumori e malformazioni congenite. Inoltre nell’impianto viene usato il pet-coke, considerato la feccia del petrolio, contiene sostanze come idrocarburi policiclici aromatici, metalli pesanti, zolfo e cloro. La sua movimentazione produce polveri sottili che possono contenere sostanze di tossicità elevata che provocano impatti negativi su salute e ambiente. In base alle disposizioni del Decreto Ronchi (DL 22/1997), veniva definito illecito l'utilizzo del pet-coke come combustibile per l’alimentazione della raffineria, a causa dell’elevato contenuto di zolfo, metalli pesanti e idrocarburi policiclici aromatici [7]. Nel 2002 però il governo Berlusconi ha ridefinito la natura del pet-coke, rendendolo legalmente utilizzabile come combustibile tramite un decreto che è stato soprannominato “decreto gela” [8]. I negativi impatti ambientali e sanitari hanno spinto la popolazione a mobilitarsi, anche se le proteste non sono mai riuscite a coinvolgere molti cittadini e dare vita a mobilitazioni imponenti. Uno dei momenti di protesta più conosciuto è la “rivolta per il pet-coke” del 2002. Sempre nel 2002 il petrolchimico è stato posto sotto sequestro: la magistratura alla luce di analisi svolte da tre consulenti nell’area vicino al polo chimico ha ritenuto di bloccare tre quarti dell’impianto visto l’alto grado di inquinamento riscontrato [9]. A tal proposito circa ventimila abitanti hanno manifestato contro l’ordinanza di sequestro, chiudendo le porte d’accesso alla città e ingaggiando scontri con la polizia. Proprio a seguito di ciò, è stato emesso il sopracitato decreto Gela. Nonostante ciò, diverse associazioni ambientaliste (Aria Nuova Onlus, Amici della Terra e Legambiente) si sono appellate alla Corte di Giustizia, che ha affidato il caso alla Procura della Repubblica di Gela. Anche diverse famiglie di bambini nati con malformazioni si sono mobilitate, citando a giudizio l’Eni, la Syndial e la Raffineria di Gela Spa, per un risarcimento dei danni subiti [10]. Dopo la chiusura della raffineria avvenuta a Luglio 2014, il 21 ottobre del 2014 si è tenuto un incontro al Ministero dello Sviluppo Economico fra dirigenti dell’Eni, sindacati confederali, il comune di Gela, la Regione Sicilia e Confindustria. L’accordo ha previsto l'interruzione della raffinazione tradizionale, sostituita dalla produzione di benzina verde e di resina di origine vegetale, puntando a mantenere i livelli occupazionali del diretto e dell'indotto [11][12]. Il protocollo d’intesa è stato firmato a Novembre 2014 e prevedeva, da parte di ENI, un investimento di 2 miliardi e 200 milioni di euro. In particolare si specificava che la green refinery avrebbe avuto la capacità di di lavorazione di olio vegetale di 750 kg/anno e avrebbe prodotto green diesel [13]. Il progetto della green refinery desta parecchi dubbi. Il coordinamento nazionale "no triv" ha sottolineato come l'olio di palma venga frequentemente ottenuto tramite la pratica del "land grabbing", ossia l'accaparramento selvaggio, di terreni agricoli nei Paesi in via di sviluppo, con impatti sulla deforestazione, sulla degradazione del suolo, sugli eco-sistemi e, soprattutto, sulla sicurezza alimentare delle popolazioni spesso private dei loro terreni agricoli [14]. Ad Agosto del 2017 la raffineria ha ottenuto la compatibilità ambientale e l’autorizzazione integrata ambientale (AIA) [15]. (See less) |